CE C'E' DA FARE NEL 2006 ?

- Di pomeriggio studio, erche' non s che fare. - disse, spegnendo
la sigaretta.
Poi qualcuno seleziono' un disco nel joke-box.
- Io non so piu' studiare.. gli rispose la ragazza.
Stettero in silenzio per un po'.
-Potrebbe essere l'inizio di un film. O di un raccnto.
- Che cosa ? - fece la ragazza ,credendo che le fosse sfuggito
qualcosa del discorso dell'amico.
- Questo .. cioŠ, quel che abbiamo detto . Prova a immaginare:un
ragazzo e una ragazza dentro un bar. Il bar si sta riempiendo
di gente. Forse, usciti dal cinema all'angolo della strada.
Qualcuno commenta la scena di un film. Il barista si d… da fare
dietro il banco. I due sono seduti a un tavolo e fumano sigarette
con aria assorta. O forse annoiata. Osservano la gente
che entra. O forse non pensano a niente. Stanno solo fumando,
un po' distratti. Se ne stanno l,perch‚ non hanno niente da
fare. Gli amici se ne sono appena andati. A sbronzarsi al solito
locale. Loro, no. Sono rimasti a bere un altro caffŠ. Non
hanno niente da dire. Niente da fare. N‚ l, n‚ altrove.
- Ma non e' un film, siamo noi...
- Lui, a un certo punto, dice: di pomeriggio studio perche' non so
che fare. Sono le prime parole che pronuncia da quando ‚ l con la
ragazza e gli amici se ne sono andati. Lo dice in tono grave, come
se continuasse un pensiero ad alta voce. E lei: io non so pi—
studiare.
. Gi…... e poi lui continuerebbe: sembra l'inizio di un film! -
fece la ragazza per deriderlo.
Lui sorrise . IL juke-box continuava a emettere suoni gracchianti
e voci sdolcinate. Un altro amico li raggiunse al tavolo. Veniva
dalla sala-giochi.
- Beh, che si fa? - disse - Non venite alla festa ,stasera?
- No- rispose il ragazzo.
La ragazza era andata al banco e torn• con un bicchiere. Accese
una sigaretta.
- Gli altri se ne sono gi… andati? - continu• l'intruso.
- S - rispose il-ragazzo-poco-entusiasta.
- Beh, vado anch'io. Ci vediamo.
- Ciao.
Erano di nuovo soli.
- Non li sopporto pi—. Piuttosto andrei a ubriacarmi da solo - disse
il ragazzo, superando la fase delle risposte a monosillabi.
- Anch'io. In questo periodo sto meglio da sla. O con quelle due o
tre persone con cui non sono costretta a fingere di non annoiarmi.
Sono stanca di questa citta'. Delle cose che facciamo. Non c'e'
pi— niente da scoprire. Tranne la delusione che e' un posto come
tanti altri.
- Ma che c'Š da fare?
- Boh.. Andare via. Cambiare aria; Cambiare vita. Cambiare abitudi-
ni...
- Cambiare faccia...
- Mi prendi in giro ? - domando' seria la ragazza.
- S -sorrise lui, giocherellando con la scatola die cerini.
- Ma rendo in giro anche me stesso - aggiunse - Penso anch'io tutte
queste cose , eppure non muovo un dito per cambiare qualcosa.
Le mie giornate... Studio,scrivo,penso. Tutte cose che ho la
pretesa di saper fare. Eppure...pi— penso, meno capisco. Pi—
scrivo, pi— mi sento idiota.
Il bar si era fatto quasi deserto. Anche il juke-box taceva.
- Mi offri una sigaretta? Le ho fnite - chiese la ragazza, tanto
per fare qualcosa.
- Che farai quest'estate? - domando' il ragazzo, tanto per dire
qualcosa.
- Niente, suppongo. Torner• a casa dai miei. Ma so gi… come andr…
a finire: dopo qualche giorno rimpianger• di non essere qui, dove
perlomeno ho una casa tutta per me. Ormai mi Š pi— familiare
la monotnia di questo bar, pittosto che quella casa.
Ripens• al disagio che provava scendendo dal treno, ogni volta
che tornava, alla vecchia casa piena di mobili, al paese abbandonato
al suo torpore di provincia.
La sigaretta era finita nel posacenere, con gli altri mozziconi.
- Magari si sta annoiando - pens• la ragazza - farei meglio ad andar-
mene. Ma che c'e' da fare?
Non le veniva in mente niente da dire.
Il ragazzo guard• l'orologio.
- S, si sta annoiando - pens• la ragazza.
- Ce ne andiano? - propose.
Si alzarono. Come mille altre volte, lei and• a prendere la
giacca che appendeva nello sgabuzzino del retro. Privilegio da
cliente fissa.
Come cento altre volte, lui raccolse i suoi libri, pag• il caffŠ
e and• ad aspettarla fuori, mentre lei stava ad ascoltare l'ultima
storiella del barista. Obbligo da cliente fissa.
Percorsero un pezzo di strada in silenzio. Al semaforo si saluta-
rono.
- Ci vediamo domani - disse il ragazzo.
- S. Senti... perchŠ non la scrivi davvero una storia- cos? Che
racconti il non-senso della nostra vita quotidiana.
Il ragazzo abbozz• un srriso stanco.
- Sarebbe troppo autobiografica- rispose- Me l'hai fatto notare tu
stessa, prima. Non interesserbbe a nessuno . E poi... potrei
scprire di non saperlo fare
Chino sul suo tavolo, il vecchio ebbe un'esitazione. Smise di
scrivere. Rilesse. Guard• kl'orologio. Il racconto era terminato.
Forse il giorno dopo l'avrebbe stracciato. Era stato autobiografico?
Eh...ne aveva visti tanti, ragazzi cos. Vent'anni prima. Quando
faceva il barista. Ne aveva sentiti tanti, discorsi cos, tra un
panino e l'altro. I visi, le storie, i ricordi si confondevano nella
sua memoria. Cerco' di ricordare i due ragazzi che gli avevano
ispirato il racconto, quelli che parlavano poco, coi capelli corti e
gli abiti scuri. Erano l tutte le sere. Chiss… come si chiamava-
no...Chiss… se si domandavano ancora che-c'Š-da-fare?.... Nel
2006.
Con un gesto rapido il vecchio scacci• una zanzara. O un pen-
siero. Poi si alz• e and• a chiudere le persiane. Ma il raccon-
to era autobiografico? Non lo saoeva pi—.

di LAURA CORSO
C/O LAURA BINANDO
P.ZA STATUTO 26
10145 TORINO

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