GIARDINI INCOMPLETI

rchie camminava come pu• farlo solo un gatto bianco sulla rossa
moquette del corridoio di un albergo. Era teso e sensibilissimo
ad ogni movimento dell'aria su di lui. IL vento lo contrastava
blandamente e lui diventava ancora pi— deciso a camminare in
quela maniera cos particolare. Archie stava andando ad un
appuntamento decisivo, uno di quelli che segnano tutta la giornata
e di cui vorresti scriverne l'esito sul diario, giacchŠ Š l'unico
che sappia veramente ascoltarti a questo mondo. I pensieri
rimbalzavano nella sua mente come palline da tennis in un Centro
Addestamento Nuove Leve. Pensava ai suoi primi incontri con
Jenny. Per lui parlarle era come farlo al suo migliore amico. Era
questo che l'aveva sempre fregato: la subdolamente ingannevole
facilita' nell'accomodare le differenze, l'ossessione, perpetuata in
maniera trasparente, di ricucire tutto con toppe dello stesso
colore. Jenny era cos brava ,cos sveglia a realizzare i tempi
giusti. Cominciava sempre cos:
- Hei !
- Ciao.
Archie non parlava mai all'inizio: guardava altrove.
- Ma.. stai pensando ?
- Gi….
Lui ha sempre preso quella frase come un invito a dire qualcosa di
pi— e non come espliciti dubbi sulla sua capacit… intellettuale.
Comunque ora ele domande lo costringevano a parlare,
a raccontare le sue squallide giornate da bruciare e ad ascoltare
appassionatamente imprese di assistenzialismo fatte passare per l'unica
via "sana" da seguire. Un'espressione simile a quella con cui si
dice compatendo "Eh,si..." ne accompagnava le frasi salienti a
sottolineare lo sforzo e la seriet… delle azioni.
- Sai, sono stata via un p•.
- Si ? E a che fare ?
- Presso un istituto che cura cani asmatici.
- Fantastico...
- C'e n'era uno... piccolo....bellissimo...
Archie all'inizio non sapeva perchŠ stava a sentirla. Poi aveva
capito chew era soprattutto per la sua voce.Al telefono non si
creava quell'effetto magico che spontaneamente si diffondeva a
pochi centimetri di distanza. Era una voce seria, profonda ma non
grave. Sembrava quasi rassicurante, e Archie ne aveva proprio
bisogno, stanco com'era di sentirsi attaccato da tutte le
parti. Stare a sentire demenzialit… sui cani asmatici oltretutto lo
rilassava. La sua vita deliberatamente anarcoide (o forse solo
sognata tale) e alienata nello sparuto paese come nella grande
metropoli lo portava a cercare brecce nel muro nelle conversazioni
con Jenny. L'esigenza trascendentale del suo io veniva schiacciata
ogni giorno in quello squallidissimo ufficio postale pieno solo di
ottuse tariffe e di ottuse persone che le applicano e di ottusi
utenti che si lamentano di doverle pagare. Doversi alzare presto la
mattina per ppi doverla trascorrere a lavorare controvoglia era un
trauma per lui. La domenica la passava a dormire facendo
sistematici sogni tormentati dalla settimana ormai alle spalle. In
fondo anche la settimana faceva parte dello stesso grande sistema
che sembrava opprimerlo da fuori. Era l'imposizione di legare la
sua spinta modificatrice agli schemi della societa' in cui era
costretto a vivere. Jenny tutto questo non lo sapeva, o faceva solo
finta, e continuava a scherzare sugli "strani" ,secondo lei, capelli
di Archie e a snobbare tutti i suoi interessi neo-
intellettuali. In Jenny c'era qualcosa come una presa di
posizione, non preconcetta, ma difensiva: lei non voleva sconvolgere
il suo girdino: preferiva di tanto in tanto aggiungere o togliere
qualche pianta non cruciale. Non le interessava la musica con cui
si distruggeva Archie, anche perchŠ lui diceva che era tutto il
contrario, che anzi lo aiutavano a ricostruirsi quei
tormentatissimi brani suonati da gruppi "maledetti". Archie aveva
elaborato numerose teorie, spesso abbandonate a pochi mesi dalla
loro formulazione per evidente inconsistenza. Una delle ultime in
voga presso di lui era "il principio di esorcizzazione". Consisteva
in una sorta di processo autodifensivo che si sfogava mediante ag-
gressivita'. Ad esempio: siamo portati ad aggredire di risate spesso
sforzate colui che cade inciampando nel pieno centro della piazza
principale perchŠ vorremmo esorcizzare cos la nostra possibile
caduta l. Oppure ci divertiamo con la pi— efferata sodicit… a
umiliare il nostro amico pi— ligio al dovere e, con obbligata
conseguenzialit…, il pi— timido con le persone dell'altro
sesso, perchŠ anche lui altro non Š che la nostra possibile
degradazione assoluta, quindi agiamo con l'imperativo: "bisogna
immolarlo". Archie lottava anche contro tutto ci•, ma solo com'era
non riusciva ad essere pi— che uno stoico ed altrenare a tutto
questo periodi del pi— ammorbante scetticismo. Jenn dal canto suo
aveva in cosa credere: tutti quegli autori letterari e il suo
grande, fantastico, immaginarlo paradiso naturale; anche se, alle
volte, si contraddiceva addosso con la pi— totale semplicit…. Era
pi— infiammabile dell'acrilico, anche se dava poco a vederlo. Se un
libro riusciva ad aprire lo scrigno delle sue emozioni il suo
autore cominciava automaticamente a ricevere lettere su lettere di
sperticato elogio fino a fiorare il processo di
beatificazione. Dopo pochi mesi lo stesso tornava nel girone degli
uomini comuni e la sua casella postale ridiventava semi-
vuota. Jenny non faceva distinzioni politiche, religiose o al-
tro: molte volte su di lei agivano solo le evocazioni nate da una
lettura anche distratta, magari fatta sulla sua spiaggia prefe-
rita. Se non fosse stata una ragazza sarebbe stata un albero. Erai
imbarazzante vederla immedesimarsi con l'aria di un campo deserto
o osservarla restare impassibile agli attacchi dei pi— mostruosi
insetti. Era terrorizzata invece da un qualsiasi moto che
passasse ad una velocit… eccessiva. la sua stnza era il paradiso
dei geni: disordinatissima. C'erano carte da pacchi, resti di vecchi
regali, conservati come lingotti d'oro, libri aperti sull'armadio, a
terra e sulle sedie e spiccioli sparsi un p• dappertutto. Il letto
era sempre ben rifatto, stranamente, ma i suoi vestiti erano ammas-
sati sulla sedia-guardaroba. L'impianto hi-fi in un angolo e i na-
stri coni dischi senza custodia (reputata inutile) in una scatola
da scarpe azzurra. Attaccati alla parete articoli di giornale sui
temi pi— vari: da Pirandello alla caccia alle balene e un unico po-
ster regalatole da Archie: una foresta di notte. Spessa parlava di
fotografia:
- C'era una ragazza perfetta con un costume da mare intero. Sem-
brava irraggiungibile.
- Irreale. Incollata pezzo per pezzo. Quell'immagine Š un fotomon-
taggio.
- Eppure i colori, cos naturali...
- Esageratamente naturali. Una mela verniciata di rosso.
- ma un tramonoto in bianco e nero non e' ugualmente finto ?
- Ma no. E' solo il frammento della tua memoria. E' come il tuo vec-
chio televisore deglia anni '70. E' la scheggia da cui partire per
costruire tutto il resto. Non cercare l'oggeto compiuto, finito nel
momento stesso in cui e' terminato..
- Si ,ma...
E andavamo avanti cos alternando mezzore concitate a lunghe
pause. Lui diceva che si parla molto meglio quando si st… in silen-
zio a guardare l'altro. Seduti entrambe a gambe incrociate aprivano
la diga mentale dei loro pensieri lasciando che le piene si scon-
trassero. Jenny ogni tanto si rirava indietro e cominciava a maci-
nare riflessioni per conto suo, cosa che dava molto fastidio
all'altro che era sempre fin troppo scoperto. Ma chi pu• accertare
realmente cosa corre per i meandri dell'intelligenza di una
persona ? Inutile cercare di spostare il corso del fiume: Jenny non
aveva regole per autodisciplinarsi, oppure queste erano cos forti
che non riusciva a divincolarsene. Eppure, in alcni momenti, sem-
brava mettere da parte la fiducia e considerare Archie come un
qualunque esponente del genere "umano". In lei c'era una specie di
paura lanciata nel dimenticatoio che, come una rete elastica, la
ributtava indietro nei momenti pi— impensati e con effetti
incalcolabili. Cos poteva capitare che d'un tratto, improvvisamente
si schierava sulla difensiva ad oltranza senza ulteriori
spiegazioni. E poco dopo riprendeva il tono normale come se nulla
fosse accaduto. Negli ultimi tempi questo stava succedendo spesso
ed Archie lo aveva rilevato. Lui d'alra parte era erremovibile su
alcune sue posizioni. Non aveva nemmeno tutti i torti dato che i
suoi principi non voleva buttarli al vento in un colpo solo. Jenny,
in condizioni normali assecondava ed era incredibilmente brava a
far tornare tutto normale. Chiss… se aveva mai pensato di essere
sulla strada "sbagliata": diretta all'egoismo pi— autocentrato
realizzato nella soddisfazione di riconoscimento e di affetto
fuori dal suo ambiente di tutti i giorni, difficile da
riconquistare e apparentemente, non ricostruibile. Lei mostrava cos
una immagine forzatamente falsa o impossibilmente vera all'esterno
e diventava il voler-essere fuori e il peggior- essere dentro.
Simbolo dell'alienazione costretta Jenny si divideva per
occasoni, tempi, panirami: solo conArchie riusciva a diventare sŠ
stessa, proprio perche' gli specchi trasparenti ingannano, quelli
colorati no. Jenny lo vedeva cos, ma i colori cambiavano con la
luce degli occhi di lei. Tutti i possibili pupazzetti infantili
scomparivano dalla sua vista quando si scontravano con il duro
sguardo acido di Archie. Dentro di lei era cominciato a crescere un
qualcosa di insano, che, in effetti reagiva come autoprotezione. Lui
non poteva nemmeno sospettarlo, non apparendogli alcun segno
all'esterno. Una sera ecco arrivare la domanda della svolta:
- Archie, credi di riuscire a poter diventare violento con me ?
Archie l'aveva presa per un'improvvisa paura, apparentemente un
ingiustificato complesso di persecuzione. Jenny, cos buona, le sue
risate fin troppo facili da suscitare, ora era seria. Strano, era
diventata bellissima. veniva quasi da prenderla sul serio per non
rovinare l'espressione del suo volto. Ma non l'aveva fatto perchŠ
la domanda era troppo strana e voleva prima analizzarne l'effetto
provocante. In pochi attimi era riuscito a cambiare discorso, ma la
perizia di sempre era fasciata dal dubbio. Come? Quando? Perche?
Archie cominci• da solo un'attenta e minuziosa autoanalisi e,come
spesso succede in questi casi prese a trovare episodi su
episodi, parole, gesti improvvisi, caricandoli di tutti i loro
significati probabili e anche di quelli pi— improbabili. L'analisi
giunse ad un punto vuoto e intanto il dubbio era stato forse solo
un sacchetto di carta scoppiato all'improvviso. Le sere
continuavano a trascorrere con una attenzione eccessivamente
sollecitata da parte di entrambi. I gesrti casuali diventavano valuti
e quelli voluti indecifrabili. Archie, nonostante tutto, aveva
l'esatta percezione di quello che stava facendo e dopo un logorio
che lo aveva angosciato decise che se c'era stata una svolta, tanto
valeva sterzare fino in fondo. Era destino che fosse bruciato sul
tempo. Archie continuava a camminare controvento. Eccola l. Un
attimo, come un improvviso bagno ai suoi vestiti e poi, rivolto
altrove lo sguardo il solito saluto-standard. Lui si sentiva strano
in quel momento e lei solo un p• tesa: due persone
diverse. Cominciarono una discussione qualsiasi fino all'ovvio
punto morto. Stava piovendo il silenzio addosso a loro. Fu Jenny a
dire qualcosa; qualcosa che Archie non cap. Jenny riprese:
- Ho preso una decisione.
Silenzio.
- Stacco i francobolli e ti restituisco le lettere. Ormai se solo
una minaccia, se mai sei stato qualcos'altro. A me va di
vivere, anche di conformarmi se necessario, ma non di estranearmi, di
isolarmi a sognare utopie impossibili. Se sei solo uno dei frutti
velenosi di un mondo che non capisci, o ti ostini a non
comprendere. Non hai nulla da perdere e nulla che voglia realmente
conquistare. Gridi contro i muri sperando che prima o poi cadano.Ma
al di l… c'Š sempre la stessa aria, che tu fai diventare diversa
con la pi— infantile fantasia. Non puoi credere nel futuro.
Archie sput• per terra e se ne and•.


di Alessando Ludovico
Via mercato 25/5
74011 Castellaneta (TA)