SURREALISMO AGRESTE

Qualche anno fa, ero andato in campagna durante il periodo
estivo, volevo abitare per un po' di tempo in quella casa
rustica (se cosi' si puo' dire) che si trova isolata dalle
altre abitazini del paese, potevo farlo tranquillamente,
perche' la casa in questione era anche mia.
I primi giorni della mia permanenza in quel luogo, non furono
nulla di speciale: la mattina m'alzavo e facevo lunghe
passeggiate in collina, al pomeriggio trovavo qualche persona
all'osteria per scambiare due parole.
La vita,dunque, scorreva tranquillamente, tanto da farmi
dimenticare i guai della citta' e la sua vivace frenesia.
UN giorno il cielo si oscuro' all'improvviso e comincio'
a piovere, per molte ore.
Non potendo uscire, mi venne in mente che io quell'abitazione
non la conoscevo affatto bene, infatti vi ero stato poche
volte comunque sempre di sfuggita.
Poiche' il tempo c'era, cominciai ad osservarmi intorno e a
passare in tutte le stanze della dimora.
Iniziai dalla cucina,notai che era grande,aveva il caminetto,
vidi oggetti antichi vicini ad esso.
Subito provai ad immaginare come avrebbe potuto essere la vita
dei primi abitanti di quel luogo e la mia mente cominciava gia' a
fantasticare.
Le altre stanze, riservarono a me sorprese varie:quei gingilli
antichi che vedevo avevano in se' stessi una specale storia
di chissa' quanti anni.
Per ultima visitai la soffitta,la' c'erano ragnatele ovunque,
grandi casse di legno dentro le quali erano piazzati gli
oggetti piu' strani:bambole,lampade,martelli,cacciaviti,
i resti d'uno spaventapasseri.
C'era anche un vecchio armadio. La sera mangiai e andai a
letto:Stavo leggendo un bel libro, quando sentii dei rumori
provenire dall'ultima stanza visitata durante il giorno.
Dapprima non ci feci caso,poi,questi divennero insistenti.
Immaginando si trattase di qualche animale,mi alzai,presi la
scopa e mi recai in soffitta,la trovai illuminata da una luce
intensa e giallina e ,seduto su una vecchia sedia c'era
un nano.Portava pantaloni di velluto consumati,la camicia
q auadri,le bretelle, scarponi, insomma,era un contadino,
o meglio,un contadino nano. Come si puo' immaginare,rimasi
impaurito,ma fu lui a farmi passare le paure iniziando a
parlare con voce pacata. "Non avere timori, sono un folletto",
dsse. "Un folletto?", dissi io. "Certo" rispose lui.
"Io pensavo che i folletti fossero vestiti in tutt'altro modo",
dissi io. "Come aql solito gli uomini sono preda di luoghi
comuni",disse lui. "Che tipo di folletto sei?",chiesi io.
"Un folletto agreste,dei piu' comuni,vivo in picole grotte,
mangio radici,bacche,anche foglie,sono vegetariano
insomma".Ad un certo momento, il suo visetto furbo fece una
smorfia di sufuicienza. "Lo so che ami la poesia e sei un
oservatore!", disse. "Cme lo sai?", chiesi io.
"Io lo so",disse il folletto.I discorsi che facemmo quella notte
furono di vario genere,devo dire che quel tipo la sapeva lunga.
"Come fai a sapere tutte queste cose?",chiesi.
"Io faccio parte della terra e sono terra sempre,tranne che
in questo momento e ne assorbo tutto il sapere",disse il
picolo essere. "A me e' concesso farmi vedere una volta sola
nella vita e adesso scusa,devo andare" disse il nano.
Volli trattenerlo, dissi"Perche' proprio da me ....".*
Non riuscii a finire la frase.
Mentre la sua immagine svaniva lentamente,riuscii a sentire
le sue ultime parole: "Questo non lo puoi sapere,pero' devi
essere contento di questo....".
Le parole echeggiavao per la stanza e preludevano a qualcosa
che non seppi mai.
A volre ripenso a quello strano incontro e ancra non so
s'e' stato sogno o realta'.
Per quale motivo dovrei essere contento?
Comunque io ci provo.

di Francesco Salvador
Cannaregio - 2013
30122 VENEZIA